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L'incontro con le sostanze d'abuso in adolescenza

Non è raro che durante l'adolescenza i genitori debbano fare i conti con l'incontro tra il figlio e le sostanze di abuso, come l'alcool o l'hashish. Cerchiamo di capire come poter gestire la preoccupazione puntando alla comprensione di tali gesti, piuttosto che alla loro condanna. 

La scoperta più o meno casuale di uno spinello nascosto negli zaini dei ragazzi da parte della mamma, il sorprendere il figlio rientrato tardi dalla discoteca con addosso l’odore del fumo o degli alcolici, rappresentano veri e propri momenti spartiacque negli equilibri familiari. Non è infrequente che, in concomitanza con questi episodi, i genitori mossi da sane preoccupazioni cedano, loro malgrado, al saturare di angosce e catastrofismi la relazione e la comunicazione aperta con i propri figli.

Frasi del tipo: “Non lo riconosco più / Si rovinerà, si farà bocciare / Si caccerà in guai / È tutta colpa degli amici!” sono, in questi casi, all’ordine del giorno all’interno delle coppie genitoriali preoccupate da tali comportamenti, percepiti sin da subito come spaventosi e fuori controllo.

 
Nel libro “Gli adolescenti, l’alcol, le droghe”, Federico Tonioni dedica alcuni capitoli alla trattazione di una sorta di vademecum per gli adulti, includendo sezioni del testo dedicate a illustrare, il mondo delle sostanze agli adulti e ai ragazzi. Per ulteriori approfondimenti ne consigliamo vivamente l'acquisto, una quanto testo di facile lettura e illuminante rispetto al significato che ogni sostanza può avere per i ragazzi.

Partendo dal fatto che ogni sostanza sia in qualche misura dannosa, è necessario riflettere sui motivi che spingono i nostri ragazzi a sperimentarne l’utilizzo. Molto spesso si tratta del bisogno di entrare in rapporto stretto con il rischio, di imparare a gestirsi, come possono fare con il motorino o nei primi viaggi con gli amici. Non è dunque vero che, fatta la prima esperienza, ogni ragazzo cadrà inevitabilmente in un tunnel senza uscita: al contrario, spesso dopo i primi tentativi, una volta che si sia stati accettati dal gruppo, sia stata soddisfatta la propria curiosità o si avverta come “superata” la sfida mossa verso sé stessi, molti ragazzi interromperanno quelle esperienze con la medesima semplicità con la quale avevano deciso di provare.


Il compito dei genitori, in questi casi, resta per quanto possibile quello di non scomporsi immediatamente, quanto piuttosto cercare di capire le reali necessità del proprio figlio, in quanto ogni ragazzo sceglierà di utilizzare o provare le sostanze per motivi differenti: ci sono droghe che eccitano (come la cocaina), droghe che rilassano (come la cannabis o l’hashish), droghe “da serata” (come l’MDMA) e droghe per sciogliere i nodi dell’ansia, veri e propri facilitatori sociali (come l’alcool).

Ogni sostanza è definita da coefficienti di rischio differenti, ha più o meno “potere” (a seconda degli specifici principi attivi) nell’andare a strutturare veri e propri profili di dipendenza e soprattutto ciascuna sostanza è assunta dai ragazzi per motivi differenti, ricercando effetti differenti a seconda delle proprie difficoltà emotive, sociali, scolastiche o relazionali in genere.

È anche necessario sottolineare che spesso i ragazzi che, al contrario, evitano qualsia sperimentazione adolescenziale, siano in realtà ingabbiati nell'impossibilità di rilassarsi, probabilmente troppo preoccupati  delle reazioni dei genitori nel caso in cui si lasciassero trasportare. Questa inibizione, spesso scambiata per responsabilità, sebbene sia un fattore protettivo rispetto all'uso di sostanze, non assicura che i ragazzi stiano bene con sé stessi e con gli altri, soprattutto in età adolescenziale.


In sintesi, qualsiasi mamma o papà che venga a conoscenza dell’utilizzo di sostanze da parte dei figli ha buone ragioni per preoccuparsi e porsi molte domande, a cui è certamente bene rispondere celermente.
Bisogna però ricordarsi che, nella stragrande maggioranza dei casi, ogni reazione violenta o proibizionistica nei confronti dei ragazzi non porta buoni frutti, comportando anzi il rischio di far sentire il ragazzo attaccato e sminuito, inibendo ogni forma di comunicazione futura sull’argomento.

 Qualora non risultasse sufficiente aprirsi ad un dialogo il più possibile libero da preconcetti e non si riesca ad accogliere e dare senso ai bisogni e alle fragilità dei figli, sarebbe buona norma accompagnare il ragazzo a “consegnare” il tema gravoso all’ascolto di uno specialista esterno libero da pregiudizi. Un percorso psicologico può abbassare i fattori di rischio per il ragazzo stesso e la temperatura relazionale all’interno della famiglia.

 

Bibliografia:
Federico Tonioni, “Gli adolescenti, l’alcol, le droghe – come evitare ai nostri figli di cadere nella dipendenza”, Le sfide della nuova famiglia, Mondadori, 2015.

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